Un calo visivo improvviso, spesso marcato: se il sintomo fa paura sempre, quando sono presenti anche valori di colesterolo e trigliceridi elevati, insufficienza renale o diabete occorre fare ancora più attenzione. Questi ultimi sono infatti fattori di rischio per diverse patologie sistemiche, così come lo sono anche e soprattutto per la salute dell’occhio. L’occlusione venosa retinica – ovvero un’ostruzione della circolazione di una vena retinica con formazione di emorragie, aree ischemiche o edema maculare – è una patologia ancora oggi poco considerata. A torto, perché sono diverse le condizioni che predispongono a tale situazione.

Occlusione venosa retinica: un’incidenza legata (anche) all’età

Oltre a quelle citate, anche un’età superiore ai sessant’anni e la presenza di anomalie della coagulazione, broncopneumopatie ostruttive e, a livello oculare, glaucoma, ipermetropia e pregressi traumi oculari. Ma quante persone sono colpite oggi dalla patologia? Facile immaginare che con l’invecchiamento globale della popolazione l’occlusione venosa retinica sia destinata a colpire sempre più persone. Benché non esistano dati di prevalenza univoci, in particolare a livello italiano, si stimano oggi 5,2 casi su 1000 persone. Delle due forme di questa condizione, ovvero l’occlusione venosa retinica centrale (Crvo) e l’occlusione venosa retinica definita “di branca” (Brvo) che riguarda solo un ramo della vena centrale della retina, la seconda è quella certamente più diffusa. È dunque fondamentale agire sulla prevenzione con controlli oculistici regolari in presenza dei principali fattori predisponenti.

Occlusione venosa retinica: diagnosi e terapie

Fortunatamente oggi le tecniche diagnostiche sono semplici e permettono un approfondimento agevole. Il primo step è sempre la visita specialistica durante la quale l’oculista esamina il fondo oculare. Un passo in avanti è stato fatto con l’avvento dell’Oct, la cosiddetta “tac dell’occhio”: esame non invasivo, che consente il riconoscimento e il monitoraggio dell’edema maculare causato dall’occlusione venosa retinica. Utilissima anche la fluorangiografia che, grazie all’iniezione di un colorante in vena, consente di visualizzare eventuali anomalie vascolari della retina. Anche sul versante delle terapie oggi si può fare molto per arrestare il processo degenerativo. La terapia standard che assicura i migliori risultati è costituita dalle iniezioni intravitreali, cioè interne all’occhio, di farmaci anti-VEGF e dall’impianto intravitreale di uno specifico farmaco corticosteroide chiamato desametasone. Accanto alle terapie farmacologiche mostrano efficacia anche determinati integratori alimentari capaci di dare sostegno al microcircolo coadiuvando il benessere circolatorio: tra questi ci sono principi attivi capillarotrofici e antiedemigeni come quelli contenuti nel  Melilotus officinalis e nella Vitis vinifera. Il laser invece non è una soluzione definitiva, ma è piuttosto uno strumento utile per il trattamento delle complicanze come l’edema maculare o la neovascolarizzazione.

 In conclusione, la prevenzione rimane sempre la miglior terapia. 

 

A cura della Redazione di occhioallaretina.it

Fonti

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