Autofluorescenza nella Corioretinopatia Sierosa Centrale
L’autofluorescenza è una metodica nota da diversi anni ma solo di recente grazie ai nuovi filtri disponibili in commercio è stato possibile studiare nei dettagli le caratteristiche del fondo normale e patologico. In particolare la autofluorescenza in corso di corioretinopatia sierosa centrale e’ un argomento estremamente di attualità e utilità sia per migliorare la conoscenza della malattia che per meglio curarla

Chiara M. Eandi, MD, PhD – Torino

INTRODUZIONE
La corioretinopatia sierosa centrale (CSC) è una malattia caratterizzata da un distacco sieroso idiopatico della macula secondario ad accumulo di liquido al polo posteriore proveniente dalla coroide attraverso l’epitelio pigmentato alterato. 
La CSC è stata descritta per la prima volta da von Graefe nel 1866 (1), che la definì retinite centrale ricorrente. In seguito negli anni ’60, Maumenee (2) e Gass (3) descrissero le caratteristiche cliniche (2) e fluorangiografiche (3) che portarono alla definizione attualmente accettata di questa condizione, corioretinopatia sierosa centrale. 
La mancanza di studi istopatologici ha fatto sì che la patogenesi e la fisiopatologia della CSC non siano ancora completamente chiarite, mentre l’aspetto clinico è stato definito anche grazie all’impiego di tecniche di imaging fluorangiografiche. 
L’introduzione negli ultimi anni della tomografia a scansione ottica (OCT) ha fornito nuove conoscenze sulla morfologia della retina in corso di CSC ed ha permesso di seguire nel tempo lo sviluppo di un’atrofia retinica e di correlarla con l’acuità visiva (4 – 6). Tuttavia, molti aspetti della malattia rimangono oscuri per l’incapacità di evidenziare cambiamenti fisiologici indotti dalla patologia stessa.

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