Edema maculare diabetico visto dalla parte dell’OCT
Intervista al Dr. Philip J. Rosenfeld del Bascom Palmer Eye Institute di Miami

L’edema maculare diabetico è tra le principali cause di grave perdita visiva nei pazienti diabetici. Ad oggi la classificazione che viene utilizzata per diagnosticare e gestire l’edema maculare diabetico si basa sui seguenti esami strumentali: 1) biomicroscopia con vetro a contatto; 2) stereofoto a colori della macula; 3) fluorangiografia.
Dal punto di vista anatomico l’edema maculare è stato classificato in focale e diffuso. Il termine focale si riferisce al fatto che l’edema è più localizzato e proviene in larga misura da focolai di microaneurismi spesso circondati da un cercine di essudati duri. L’edema maculare diabetico diffuso è invece la conseguenza di una generalizzata dilatazione e aumento della permeabilità del letto capillare della retina al polo posteriore.
L’ETDRS (early treatment diabetic retinopathy study) nella seconda metà degli anni 80, a seguito dei risultati ottenuti con il trattamento fotocoagulativo a griglia delle forme di edema maculare diffuso, ha potuto dimostrare che la riduzione della perdita della funzione visiva era più pronunciata quando l’edema o meglio l’ispessimento della retina e/o gli essudati duri avevano determinate caratteristiche e per la prima volta è stato introdotto il concetto di “edema maculare clinicamente significativo” (EMCS). La diagnosi di EMCS non è semplice, in quanto prevede l’utilizzo delle fotografie stereo a colori sulle quali è necessario misurare la distanza tra l’ispessimento della retina e/o gli essudati duri e il centro della macula (maggiore o minore di 500 micron) e inoltre non consente di ottenere una precisa quantificazione oggettiva dell’entità dell’edema.
L’introduzione della tomografia ottica a radiazione coerente (OCT) ha consentito di quantificare in modo oggettivo e preciso l’entità dell’edema e di valutare la morfologia delle sezioni trasversali della retina. L’OCT è una tecnica non invasiva, non solo perché non è necessario iniettare nessun colorante in vena ma anche perché spesso è possibile eseguire l’esame anche in miosi. Grazie all’OCT è possibile monitorare l’andamento dello spessore retinico prima e dopo terapia e stabilire se è necessario ripetere un trattamento o meno.
Alcuni autori hanno cercato di formulare una classificazione dell’edema maculare diabetico utilizzando l’OCT. Ma ancora più importante hanno iniziato a correlare alcuni aspetti morfologici dell’edema maculare diabetico con la funzione visiva. Kim et al. nel prossimo numero dell’American Journal of Ophthalmology usciranno con un lavoro estremamente interessante nel quale definiscono 5 aspetti morfologici di edema maculare diabetico:

1) ispessimento retinico diffuso (DRT)
2) edema maculare cistoide (CME)
3) trazione della ialoide posteriore (PHT)
4) fluido sottoretinico/distacco retinico sieroso (SRF/SRD)
5) distacco maculare trazionale (TMD)

Questi aspetti morfologici potevano essere presenti da soli o in combinazione. L’ispessimento retinico diffuso da solo era l’aspetto più comune, presente in 109 delle 276 scansioni eseguite su un totale di 164 occhi. Gli altri aspetti morfologici erano invece solitamente presenti in combinazione tra loro (Tabella 2 del lavoro allegato). La acuità visiva che in media era 20/95, variava nell’ambito dei sottotipi morfologici (Tabella 3 del lavoro allegato). Tuttavia una diminuzione statisticamente significativa della acuità visiva è stata osservata in presenza di tre variabili (Tabella 4 del lavoro allegato):
– lo spessore retinico (p<0,0005)
– la presenza di CME (p<0,01)
– la presenza di una trazione della ialoide posteriore (PHT) senza distacco retinico trazionale (TRD)

Non solo ma anche queste tre variabili tra di loro interagivano in modo differente sulla acuità visiva, tanto che l’effetto dello spessore sulla acuità visiva è diverso a seconda che sia presente o meno l’edema maculare cistoide. In assenza di edema maculare cistoide, l’acuità visiva media aumentava di 0,16 unità LogMAR ogni 100 micron di aumento di spessore retinico. Questo corrisponde ad una modificazione della acuità visiva di Snellen da 10/10 a 6,5/10. Nei pazienti con edema maculare cistoide, l’effetto dello spessore retinico è tale per cui l’acuità visiva media aumentava di 0,40 unità LogMAR ogni 100 micron di aumento dello spessore retinico, equivalente ad un passaggio da 10/10 a 4/10.